Accompagnare alla morte, è un attimo di crescita?
Nella vita abbiamo molte relazioni superficiali con molte persone e poche intime a cui ci leghiamo veramente, con cui camminiamo fianco a fianco.
Esclusi i funerali di circostanza, quelli a cui “bisogna” partecipare, sono poche le persone che vediamo davvero morire. Poche le persone di cui siamo seriamente preoccupati. Poche le persone che amiamo.
Siamo spesso così assorbiti da vuote quotidianità da non accorgerci che la vita scivola costantemente tra le nostre dita come sabbia che svanisce rapida come l’abbiamo raccolta.
E vedere un genitore, un fratello, un partner lentamente avviarsi verso la porta della trasformazione finale, non è un atto che avviene di frequente.
Proprio per questo motivo, spesso ci coglie impreparati.
Come ogni cambiamento, tocca prepotente le nostre zone di discomfort, scoprendo il lato debole, quello spaventato, e mette in luce la nostra vera natura.
La morte mostra la nostra essenza. Ci dice chi siamo veramente.
Nel dolore gli orpelli cadono, le maschere si rompono e le reazioni che abbiamo nella vita di tutti i giorni, vengono esasperate dal dolore, mostrandosi come fuori dalla nebbia.
È davvero importante per conoscersi, confrontarsi con queste reazioni, anziché chiudersi.
Lo so … ne sono perfettamente consapevole.
L’essere umano di fronte alla morte vede la propria finitezza.
Nello specchio della morte, si vede la propria paura di morire.
È assolutamente umano. Non c’è niente di cui vergognarsi.
Tutti quanti gli esseri umani sperimentano il finito, il finire.
Lo ripeto sempre, siamo in un’epoca in cui la spiritualità abbonda sulla bocca degli stolti.
Tutti ne parlano. Va di moda.
Ma vi è una sola differenza tra chi vive una vita spirituale e chi parla a vanvera.
L’esperienza.
La spiritualità è un’esperienza, proprio come imparare a piantare i chiodi nel legno.
Più si fa esperienza di mondi sottili, quelli dove le parole non arrivano, più il confine tra la vita e la morte diventa sottile e ci si accorge che sono due facce della stessa medaglia, e che una volta attraversata la porta dello spavento supremo, ci sono altri mondi da vivere, altre strade da percorrere.
Ma fino a quelle esperienze che trascendono i normali confini della vita (e che non tutti hanno la fortuna di fare), l’essere umano è finito.
Da qui derivano la razionalizzazione e spesso, a cascata, l’ateismo.
Dall’altro lato della dualità, invece troviamo la credenza dell’Anima.
Si, perché che l’anima sia immortale è una credenza.
L’anima è immortale come appartenente al tutto, ma la singola anima in cui ci identifichiamo, dovrà morire pur essa, quando sarà il suo momento, per ritornare al tutto.
Qui sulla terra, grazie al fatto che siamo uomini, abbiamo la fortuna di assaporare sulle labbra arse dal fuoco delle emozioni basse, piccoli istanti di infinito, che presto scompaiono come navi all’orizzonte, ma ci ricordano che apparteniamo al tutto e a esso stiamo tornando.
L’amore romantico, gli attimi in cui non vediamo altro che la donna o l’uomo dei nostri sogni, sono strumenti evolutivi fintanto che ci permettono di cogliere la bellezza delle forme oltre le forme, di assaggiare lo sciogliersi del tempo negli occhi dell’amata, dell’amato.
Ma tutto è destinato a corrompersi per via del tempo.
Le madri invecchiano, i padri imbiancano, perdono forza, equilibrio, capacità. E chi prima ci sembrava invincibile, diventa un tenero vecchietto che abbisogna di supporto.
I partner si amano alla follia e poi diventano stranieri.
Ribadisco: con pochissime persone condividiamo la profondità dei sentimenti e l’affetto duraturo, e anche questo è destinato a mutare, trasformarsi, morire.
La morte è solo un’altra grande occasione di crescita se viene intesa per ciò che è: distacco.
Distacco però non significa chiusura emotiva, ma l’esatto opposto.
Solo ciò che accogli, puoi lasciare andare.
Senza accoglienza, non c’è rilascio.
Accompagnare alla morte le persone che amiamo quindi significa accogliere la realtà per ciò che è: queste persone si stanno magari ammalando, la loro fiamma vitale si sta spegnendo e ciò che resterà in noi è solo il ricordo.
Ma se dentro di noi, non abbiamo affrontato il dialogo con l’oscura signora, se non ci siamo “aperti alla chiusura” e non sappiamo interagire con essa, siamo bloccati nella materia anche se ci riempiamo la bocca di spiritualità perché, non sappiamo quando, ma dovrà succedere anche a noi.
Attraverso l’atto dell’accompagnare, possiamo imparare a “vivere la morte” in modo che essa non ci trovi impreparati.
La cartina tornasole, come sempre, sono le nostre emozioni ed esse ci guideranno alla scelta dei fiori di Bach più adatti per quello specifico momento.
Una tristezza senza orizzonte come Mustard (MUS), un’apatia Wild Rose (WRO), una difesa che sminuisce come Agrimony (AGR) e senza dubbio il dolore di Star of Bethlehem (SBE).
Quando una persona a noi cara ci lascia, osserviamoci.
Vedremo molto più di ciò che normalmente osserviamo nel nostro sonno vigile, fatto di abitudini radicate e ripetitivi schemi mentali.
Nel contatto con le emozioni della sofferenza, emerge la persona nuda, fatta di reazioni istintuali non mediate dal pot-pourri della cultura e del linguaggio forbito.
In questi istanti vediamo la pasta di cui siamo fatti e possiamo utilizzare queste dimensioni dolorose come ambiti di crescita.
Oltre le apparenze, qual è il vero rapporto che ho con l’infinito?
Ho paura di morire?
Sto agendo nella mia vita solo per la vita o mi sto preparando a mio modo ad affrontare anche la sua controparte?
Molti scenari possono aprirsi facendosi le domande giuste.
Se sei uno dei miei studenti, puoi utilizzare queste domande come stimoli da portare nella meditazione dello spazio personale, mettendo nell’ombelico i fiori che queste stesse risposte ti stimolano.
Hai paura di soffrire, del dolore? Usa Mimulus (MIM).
Hai paura, ma non sai di cosa? Usa Aspen (ASP).
Provi terrore e ti blocchi, come congelato? Usa Rock Rose (RRO).
Di fronte a questo argomento, hai la tendenza a sminuire e farti una risata? Usa Agrimony.
Se ancora non studi con me e trovi che questi temi, come quelli dell’albero genealogico meritano un approfondimento, puoi iniziare dal mio libro, che include anche un corso introduttivo alla Floriterapia Transpersonale Evolutiva®, che ti permetterà di iniziare da subito a mettere in pratica le mie tecniche evolutive basate sull’uso profondo dei fiori di Bach e della meditazione.
(Per approfondire puoi cliccare i titoli in azzurro)
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